Ogni specie ha delle dotazioni caratteristiche. La specie umana ha la parola, il pensiero astratto, una grande capacità di manipolazione degli oggetti… Quando incontro un umano dò per scontato di poter parlare di cose immaginate, gli attribuisco la capacità di percepire vergogna o orgoglio, potrei persino sentirlo vicino nello spirito.
Le nostre interazioni possono essere estremamente complesse: è un umano.
I cavalli sono spesso trattati da sempliciotti. Come se incontrassimo un umano e ci dimenticassimo che è in grado di sognare, dipingere, contemplare, e quindi gli parlassimo di cose superficiali, riconoscessimo in lui solo fame e sete, non ci sforzassimo di andare oltre ciò che vediamo perchè tanto… è un sempliciotto.
Il cavallo è una specie veloce e ha un’ottima coordinazione, è vero, ma queste sono solo le sue dotazioni fisiche. Ha abilità cognitive soprendenti, una elaborata capacità di mediazione, una sottile comunicazione.
Le nostre interazioni possono essere estremamente complesse: è un cavallo.
Alla scienza è chiaro da tempo che quantomeno mammiferi e uccelli hanno esigenze etologiche che vanno al di là del cibo, del riparo e della salute, che non vivono per riprodursi ma per il piacere della vita stessa, nella quale cercano gioia, affetti, l’appartenenza a un gruppo.
Come noi, i cavalli hanno personalità che li distinguono uno dall’altro: tra gli umani c’è chi canta, chi fa sport, chi è artigiano, filosofo; chi si arrabbia spesso e chi è paziente.
Tra i cavalli ci sono individui guida, pacificatori, esploratori, ci sono i bastian-contrario. Ci sono quelli che in certe situazioni sono ansiosi e che in altre sono gli unici a trovare la chiave per calmare un altro cavallo.
Ciononostante, persino un addestratore vecchio stampo come Ray Hunt riconosce che il più delle volte non li vediamo proprio per chi sono.
Molti vivono in ambienti monotoni e repressivi, dove devono appiattirsi sotto l’ordine imposto. Altri sono amati e vivono in gruppo, ma nella relazione con l’umano sono più che altro vezzeggiati.
In nessuno dei due casi riescono ad essere capiti, ascoltati, visti per chi sono davvero.
Per farlo bisogna conoscere prima di tutto chi è il cavallo come specie, poi chi è questo cavallo con cui sto interagendo, e infine chi è questo cavallo in questo contesto.
tenuto dalla dott.ssa Rachele Malavasi
esperta in etologia equina, tecnico equestre e divulgatrice scientifica
Grazie allo studio dell’Etologia Equina, la scienza che descrive il comportamento del cavallo, possiamo comprendere in modo obiettivo, senza proiezioni personali, le dinamiche che il cavallo mette in atto con i conspecifici e con noi, e le sue necessità di specie.
L’Etologia Equina descrive “chi è il cavallo”, senza entrare nel caso particolare del singolo soggetto.
Studia le modalità di apprendimento della specie per capire il giusto modo di fornire al cavallo le informazioni che riteniamo utili per entrambi.
L’etologia è la scienza che studia il comportamento animale, distinguendo degli specifici “modi di fare” per le diverse specie, descritti nell’etogramma. L’etogramma comprende tutti i comportamenti che un individuo può mettere in atto e sarà ovviamente diverso per ogni specie.
I comportamenti dipendono dalle dotazioni sensoriali della specie, dalle sue caratteristiche anatomiche, dalle facoltà cognitive di cui è dotata. Sono tutti fattori dettati dalla genetica ma poi plasmati dall’ambiente.
L’esperienza di vita di ogni individuo infatti influenza fortemente l’espressione del suo comportamento, andando persino a modificare l’espressione genica (epigenetica).
Se la vita che proponiamo al nostro cavallo non è in linea con il suo etogramma, ci saranno delle ripercussioni anche gravi sul comportamento.
L’etologia è quindi essenziale non solo per capire “chi è il cavallo“, ma anche per trovare la gestione (alimentazione, ambiente di vita, attività…) ottimale per lui, non per noi.
Possiamo fermarci all’Etologia, ma per entrare in relazione con l’altro non basta conoscere le caratteristiche generali della specie, “chi è il cavallo“. Serve capire “chi è questo cavallo, in questo posto, con me, ora“. Se il nostro obiettivo con il cavallo è “insegnargli cose”, ci basta l’Etologia, ma perdiamo la relazione: a lui cosa piace? A cosa aspira? Chi è veramente?
L’approccio cognitivo-relazionale è un approccio educativo, che parte dalla consapevolezza che l’altro è un soggetto che vuole scegliere cosa fare della propria vita.
L’approccio cognitivo-relazionale ha origine nella pedagogia umana. Vede tutti i cuccioli di specie come soggetti che si affacciano al mondo con il desiderio di conoscerlo e fare esperienza. Con le dovute differenze fra specie, potremmo dire che possiamo interagire con un cucciolo umano, equino, canino… basandoci su simili principi educativi (non addestrativi). L’approccio infatti vede la relazione con l’altro, di qualsiasi specie sia, come un’opportunità di evoluzione personale.
Forse ci stupirà scoprire che lasciar crescere un cavallo secondo le sue aspirazioni non lo porterà lontano da noi, ma al contrario lo porterà a voler conoscere il mondo anche attraverso i nostri occhi, per arricchirsi di un’ esperienza che, vivendo nel mondo umano, gli è molto utile.
In Italia questo approccio è stato per la prima volta adottato con il cavallo dalla SEE (Scuola di Equitazione Etica).